Le donne italiane sono poco consapevoli dei maggiori rischi cardiovascolari dopo la menopausa. Lo confermano i risultati della recente survey nazionale CARIN WOMEN (Cardiovascular Risk Awareness of Italian Women). L’indagine, che ha coinvolto 5.590 donne, è stata svolta tra febbraio 2020 e novembre 2021, per iniziativa dell’ARCA (Associazioni Regionali Cardiologi Ambulatoriali). I risultati, presentati all’inizio di febbraio a Venezia nel corso del primo congresso dedicato alla Medicina di Genere promosso da ARCA, con il contributo, non condizionante di Adamed, hanno evidenziato come solo una minoranza di donne è consapevole delle differenze di genere nel rischio CV.                                                                                                                        L’indagine rivela, infatti, che solo il 15% delle intervistate è consapevole come dopo la menopausa il rischio cardiovascolare sia maggiore nel sesso femminile rispetto al sesso maschile, e ben il 27% pensa che il rischio sia inferiore. Per quanto riguarda la prevenzione solo il 20% delle donne dichiara di riuscire a svolgere regolarmente attività fisica, sebbene la maggior parte riconosca che serva a ridurre il rischio di eventi cardiovascolari.

L’obbiettivo di ridurre entro il 2030 l’incidenza delle malattie cardiovascolari nelle donne
I cardiologi dell’ARCA hanno deciso di proporre un percorso formativo congressuale sulla medicina di genere, con l’obbiettivo di rinnovarlo annualmente. In questo primo evento sono stati approfonditi il concetto di genere in cardiologia, le differenze anatomo-funzionali tra donna e uomo, i meccanismi atero-trombotici e gli aspetti metabolici alla base del rischio cardiovascolare nella donna, il ruolo della terapia ormonale, la gravidanza e il trattamento in presenza di una cardiopatia.

Un particolare riferimento è stato fatto anche al documento di consenso redatto da The Lancet Women and Cardiovascular disease Commission, e presentato a maggio 2021 all’ American College of Cardiology.

Il documento pone l’obbiettivo di ridurre entro il 2030 l’incidenza a livello globale delle malattie cardiovascolari nella popolazione femminile, che a tutt’oggi rappresentano la prima causa di mortalità per le donne. Solo nel 2019 a 275 milioni di donne è stata diagnosticata una malattia cardiovascolare nel mondo, e di queste 9 milioni sono decedute per questa causa.